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Fonte: www.hacherart.org
Il termine, un neologismo di provenienza inglese, non è altro che la fusione delle parole information e entertainment (informazione ed intrattenimento). L’infotainment ha origine dalla mescolanza di più generi per andare incontro all’instabile livello d’attenzione degli spettatori:
“Il nostro universo è mutevole, molteplice e di una spaventosa complessità. Le informazioni che ne derivano sono contraddittorie e imprecise.[…] Il pubblico non vuole la complessità, le sfumature, la riflessioni sui grandi problemi: vuole una maquette semplice, ben definita, riconoscibile come i personaggi e le scene dei teleromanzi.”
(Lussato, B. 1989 I bambini e il video. , pg. 35)
Di per sé, l’idea di trovare un linguaggio più accessibile al pubblico da casa, non è un’idea malvagia: non è la prima volta nella storia della nostra cultura che si cerca di educare le masse attraverso la spettacolarizzazione delle informazioni. In Tv questa mescolanza può essere utile sia per scuotere gli spettatori ipnotizzati, sia per fermare la loro attenzione su determinati punti fondamentali, sia per facilitare la comprensione di nozioni astratte per mezzo del linguaggio delle immagini video. Nei primi anni della RAI per esempio si volle cercare di educare gli spettatori alla cultura mandando in onda trasposizioni televisive di spettacoli teatrali.
I tempi adesso però sono decisamente diversi da quelli del dopoguerra. Si è verificata una forte tendenza alla commercializzazione del mezzo televisivo: gli spot (o reclame, o pubblicità) sono passati dall’occupare una ristretta fascia oraria (i caroselli), moltiplicandosi in tutta la fascia oraria giornaliera su tutti i canali. Dai primi anni ’80 si assiste alla fine del monopolio RAI con la nascita della FININVEST un’emittente televisiva nazionale, non statale, che vive sui soldi guadagnati con gli spot pubblicitari e non con un canone come per la RAI. Gli sponsor si moltiplicano invadendo i nostri schermi nelle manifestazioni sportive, nelle fiction, nei varietà e qualsiasi altra trasmissione possa creare audience.
La logica commerciale delle nostre televisioni ha irrimediabilmente inquinato la qualità dei suoi contenuti: la TV è divenuto strumento di persuasione per masse. Obbiettivo numero uno: acchiappare più spettatori possibile; trasformarli in perfetti consumatori. Incredibile ma vero i contenuti diventano solo la confezione superficiale, la carta da regalo dei nostri desideri.
Se quindi non è la qualità del pubblico che interessa, ma solo la sua quantità risulta chiaro come il fenomeno dell’infotainment sia meschino e deleterio: spettacolarizzare informazioni ed eventi banali ha il solo scopo di tenere gli spettatori attaccati al video perché li si possa propinare ancora della pubblicità, per viziarlo e non cosentirgli di "zappare" (cambiare canale).
Uno dei mezzi della spettacolarizzazione è la realsificazione: si cerca di far sembrare reale le trasmissioni affinché il pubblico cerchi la propria realtà nella realtà televisiva e viceversa. Scrive il filosofo Jean Baudrillard:
"I mass media sono ormai da tempo usciti dal loro spazio mediale per investire dall’interno la vita reale, proprio come fa il virus con una cellula normale" (1995, Il delitto perfetto, p.32)
Esempi di infotainment possono essere trovati un po’ ovunque nei nostri palinsesti televisivi:
Documentari spazzatura | Quei documentari che tendono a spettacolarizzare eventi di per sé banali. |
Quiz truccati | i quiz all’interno dei programmi d’intrattenimento che seguono solo le procedure dello show televisivo. |
Reality show | i programmi in cui si vuol far credere che i partecipanti parlino realmente dei loro problemi. |
Dibattiti stile agorà | i programmi in cui si pretende di riprodurre il luogo dell’incontro e della democrazia diretta. |
Ricostruzione di eventi accaduti | quelle ricostruzioni che solo per la spettacolarità della riproduzione tende ad influenzare l’opinione pubblica. |