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L’opera è tutta una grandiosa metafora. Ciò che Camus intende descrivere non è tanto la condizione di una città coloniale al propagare di un’epidemia, quanto la reazione umana di fronte ad un male che può cadere da un momento all’altro, sconvolgendo la vita quotidiana. Camus ben conosceva un episodio analogo, quello dell’invasione nazista della sua Francia, calpestata e deturpata dalla follia hitleriana, di fronte alla quale non solo i Francesi, ma l’intera umanità aveva reagito differentemente. Come gli abitanti di Orano nel romanzo, alcuni avevano cercato di fuggire, altri di approfittarsi, altri di aiutare, altri ancora di nascondersi. Salvo poi trovarsi tutti insieme a festeggiare la fine del flagello e il ritorno alla normalità, quella normalità che avrebbe ricondotto ben presto quegli uomini, in cerca di calore e affetto umano durante il dramma, a tuffarsi nella routine ordinaria.
E nella Orano in festa per la fine del morbo e l’apertura del cordone sanitario, Camus cita un Rieux felice ma non troppo, consapevole che bacilli patogeni possono permanere latenti nei tessuti, per poi tornare ad esplodere in tutto il suo orrore quando meno è atteso…
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/La_peste